À bout de souffle – Fino all’ultimo respiro
Jean – Luc Godard 1960
“Il tuo sorriso, quando ti guardo di profilo, è ciò che hai di meglio.
Questa sei tu.”
Jump cut: in fase di montaggio è il taglio della parte centrale di un’inquadratura, lasciando così parte iniziale e parte finale liberi di muoversi in uno spazio atemporale. Si crea così un dinamismo scenico.
Soggetto di François Truffaut, regia di Jean-Luc Godard “À bout de souffle” è un intercalare di immagini frammentate e raccordi fuori asse; si dissolve qui la narrazione come causa effetto, riportando l’attenzione sulla semplicità dei personaggi e il loro avvenire. Un incontro tra la vita spericolata e improvvisata di Michel e una studentessa americana, aspirante giornalista, Patricia.
“À bout de souffle” ” è il manifesto della Nouvelle Vague, movimento cinematografico (o fenomeno di quantità come lo descriveva Truffaut) francese, nel quale viene rinnovata la grammatica e l’estetica del cinema. In questa pellicola la macchina da presa si allontana dal cinema classico, riprendendo forme del cinema documentaristico in cui i soggetti si muovono in una realtà personale all’interno del film.
Il reale all’interno del vero, visibile, plastico.
Vorrei capire cosa c’è dietro il tuo viso. Lo guardo per dieci minuti e non capisco nulla. Non sono triste ma ho paura.
Lo spazio che intercorre le parole, le passeggiate, è indefinito, è sempre l’ora per vedersi o per svegliarsi di fianco a Patricia, o per riconoscersi per via di un riflesso. C’è uno spazio nel quale i soggetti amanti fluttuano fino a scomporsi e a non riconoscersi tali, frammentati in piccoli pezzi, come il percorso in macchina (jump cat) o la denuncia. Qualcosa si conclude, qualcosa finisce. O potrebbe continuare attraverso la mimica, la gestualità.Godard cura e riprende il linguaggio classico del cinema, attraverso piccoli omaggi, reinterpretazioni di scene e il rimando continuo alla figura di Humphrey Bogart, di cui Michel riprende l’atteggiamento, il modo di vestire, di sfiorarsi.
Michel e Patricia percorrono il disegno delle loro labbra in tempi diversi, una fine e un inizio.
La macchina da presa segue il disordine dei personaggi, i loro pensieri vengono interrotti in uno spazio fluttuante, nel quale è assente una continuità discorsiva. La mdp segue ciò che rimane di Michel e Patricia.
Un amore fragile, discontinuo. Una discontinuità di parole, suoni e fotografia.
Tu cosa sceglieresti?
Il dolore è idiota.
Io scelgo il nulla, non è molto meglio.. Ma il dolore è un compromesso, o tutto o niente. Ora lo so. Ecco, perchè chiudi gli occhi?
Cerco di stringere gli occhi molto forte purchè tutto diventi nero. Ma non ce la faccio. Non è mai completamente nero.
Concludendo con un morbido bacio sulla spalla sinistra di Patricia.