Finalmente parliamo del buon Nanni. Il film, vincitore del premio per la miglior regia al Festival di Cannes del 1994, è Caro Diario (1993) del regista, appunto, Nanni Moretti.
Trama
Il film è diviso in tre episodi. Nel primo (“In Vespa”) Nanni Moretti vaga per una Roma estiva e semideserta, va al cinema, raggiunge il Lido di Ostia fino al luogo in cui è stato ucciso Pasolini. Nel secondo (“Isole”) partiamo da Lipari per arrivare a Filicudi in compagnia di Gerardo, teledipendente inconfessato. L’episodio finale (“Medici”) segue invece l’odissea di Moretti a cui viene diagnosticato un tumore al sistema linfatico.
Sigla!
Contesto
Siamo nel 1993 e i Radiohead debuttano con l’album Pablo Honey. Clinton si insedia alla casa bianca. Quentin Tarantino gira Pulp Fiction. Il Trattato di Maastricht firmato nel ’92 diviene operativo in quell’anno, nasce dunque l’Unione Europea. In Sudafrica finisce l’Apartheid e Nelson Mandela vince il premio Nobel per la pace. La Cecoslovacchia, nazione unitaria costituita il 28 ottobre 1918, cessa di esistere e nascono due nuovi soggetti di diritto internazionale: la Repubblica Ceca, con capitale Praga, e la Slovacchia, con capitale Bratislava. Totò Riina, capo di Cosa Nostra, viene arrestato dopo 24 anni di latitanza.
Il 14 maggio 1993 è il giorno dell’attentato di via Fauro, un’azione dinamitarda compiuta a Roma tramite l’esplosione di un’autobomba in via Ruggero Fauro. L’atto non provocò vittime, ma ventiquattro feriti fra cui l’autista e una delle guardie del corpo private che accompagnavano Maurizio Costanzo e la sua compagna Maria De Filippi. Attentato probabilmente dovuto all’impegno anti-mafia che ricoprivano in quel periodo le trasmissioni di Costanzo.
Il 1993 è anche l’anno in cui la Democrazia Cristiana, immancabile protagonista di Governo fin dal dopoguerra, fortemente scossa dall’inchiesta Mani Pulite, decide il suo formale scioglimento per dare vita al Partito Popolare Italiano.
Autoesposizione
L’indizio è nel titolo: dopo i titoli di testa lo “sguardo cinematografico” si posa su di un diario, è la biro di Moretti che scarabocchia le sue riflessioni su un foglio bianco. Da qui il film si sviluppa come una serie di note, o pensieri: frammenti e scarabocchi che si risolvono in un ritratto di un uomo. Caro Diario è un viaggio-confessione nell’individualità del regista italiano. In qualche modo narcisistico, auto-ironico, orgoglioso ed incredibilmente personale. Non solo Moretti recita – e lo fa interpretando se stesso – ma inserisce nell’opera accaduti e riprese reali che raccontano un suo grave problema di salute (linfoma di Hodgkin) che ne costituiscono l’intera sezione conclusiva.
Moretti ci guida verso questo anomalo road movie, analizzando le “macerie” della società che ha intorno, ma non riesce a farcela odiare e forse non vuole, poiché ne è parte, nonostante egli si rifiuti di essere integrato nell’idea di “tutti”, di massa.
Il rischio è che questa autoesposizione e questo parlarsi addosso risulti inutile: una lunghissima gag intertestuale sulle teorie dell’autore. Mi immagino un canadese alle prese con quest’unico film di Moretti che si domanda: “Chi è questo? Perché dovrebbe fregarmene della sua vita?”. Bene, sono convinto che anche Emily, la canadese, troverebbe dell’importanza personale in questo mosaico di esperienze. Il tono, le sequenza visive, il messaggio dell’opera, il minimalismo e la spontaneità, fanno si quindi che questo pericolo non si concretizzi. L’autore ci legge il suo diario, ci fa sedere accanto a lui, ma non sempre ci dice quello che pensa. Questo ci lascia curiosi, affamati. Ci offre la possibilità di interpretare e soggettivizzare la sua esperienza. C’è poesia e commedia nella sua rappresentazione di un artista che lotta per fare il prossimo grande salto, il suo prossimo film.
Linguaggi
Come spessissimo accade nella cinematografia di Moretti, Caro Diario è cinema che parla di cinema. Si parla di film in programmazione, di recensioni e recensori ().
Caro Diario è un opera intimista, per la quale le immagini hanno cancellato il confine tra la vita “reale” e l’arte. Per Moretti “le parole sono importanti” ma anche l’espressione visiva e l’impellenza di dover raccontare qualcosa. Infatti, mentre il film divaga tra idee e progetti, proposte e contro-proposte, gradualmente comprendiamo che l’argomento cardine è la sua lotta per realizzare il suo prossimo film. La sua lotta con l’universo creativo, che darà vita al film stesso che l’autore si strugge per realizzare.
Il linguaggio in discussione non è solo quello filmico ma anche quello televisivo e politico, in qualche modo anche quello della danza. Paradigmatico il suo amico Gerardo che asserisce di non guardare la televisione da oltre trent’anni. Ben presto però nel corso del viaggio sulle isole Eolie l’amico diventa dipendente dalle soap opera americane e non può parlare e pensare ad altro, arrivando persino a chiedere degli spoilers su Beautiful ad un gruppo di turisti americani incontrati in cima al vulcano Stromboli. Forse questa è un’altra riflessione sul modo in cui i mass media stanno sminuendo le nostre vite. Forse rappresenta un’accusa all’ipocrisia della sfera intellettuale. Forse niente di tutto questo. Come detto infatti non c’è veramente una reale critica, quanto più una presa di coscienza. Probabilmente l’importante, appunto, è solo ragionare e parlarne.
ISOLE
Moretti riguardo al film dice: “il film stesso potrebbe chiamarsi Isole, poiché sono isole i quartieri di Roma in senso architettonico e come classi sociali, sono isole quelle dell’arcipelago delle Eolie, sono isole anche i medici, nella terza parte ognuno rinchiuso nella propria specializzazione”.
Il film è pieno di isole, che l’autore ci fa scoprire, spesso rappresentate dai personaggi meravigliosi in cui ci imbattiamo nell’intreccio, sagome della modernità vissuta dal regista. Lo è l’autore nel suo girovagare. Lo sono i genitori di Salina, che in una sequenza geniale, vengono raffigurati come succubi pedine di una realtà dominata dai propri figli, unici e viziati.
Lo è la politica, questa volta non banalmente intesa come la classe dirigenziale lontana dai bisogni del cittadino. Per una volta è la politica che cerca di costruire ma ormai ha perso la leva sui suoi elettori. Il sindaco di Stromboli, sicuramente un pò megalomane, è un uomo volenteroso e ricco di idee che pur frustrato dalla stasi del contesto in cui vive, non si da per vinto alla accidia dei suoi concittadini.
Gli episodi costituiscono tre film a sé, non solo per il luogo in cui si svolge la vicenda ma anche per il tono selezionato. Nel primo episodio vediamo le meraviglie architettoniche di Roma. Nel secondo paesaggi meravigliosi e natura incontaminata. Nella sezione conclusiva invece Moretti ci mostra tutta la sua inquietudine limitandosi agli spazi domestici e istituzionali. Qui Moretti ci mostra un’altra isola, quella dei malati e dei loro famigliari.
L’argomento delle riflessioni del regista a questo punto non è più l’interminabile, e interminabilmente tortuosa, ricerca dell’ispirazione, ma la minaccia molto più drastica di un totale crollo creativo in quanto mortale. Tuttavia, il regista pur soffermandosi sulle cure contro il cancro e sulla stasi politica dell’Italia, riesce a comunque trasformare quegli argomenti scomodi in una commedia accattivante. Moretti rifiuta ogni facile pathos o sentimento. Non ci sono strappi, nessuna manipolazione emotiva, anche quando lo vediamo sottoposto a dolorosa chemioterapia.
Perché dovreste andare a vederlo? Perché a me è piaciuto? Forse soprattutto per la sequenza in cui la narrazione si interrompe e seguiamo Moretti fino al luogo fuori Roma dove Pier Paolo Pasolini fu assassinato nel novembre 1975 – vaste riprese in picchiata girate dietro la Vespa, immerse in un’estatica improvvisazione al pianoforte di Keith Jarrett. Una sequenza intima e verista, fatta di luce, movimento, ritmo, forme tremolanti e immobilità. L’autore ci trasmette l’importanza di quella esperienza, senza però commentarla. Senza lasciarci nessuna didascalia.
E poi è Moretti allo stato puro. Anche se lo odiate, dategli una possibilità. Per gli insulti poi ci vediamo qui sotto.
Lore.
Sa cosa stavo pensando? Io stavo pensando una cosa molto triste, cioè che io, anche in una società più decente di questa, mi ritroverò sempre con una minoranza di persone. Ma non nel senso di quei film dove c’è un uomo e una donna che si odiano, si sbranano su un’isola deserta perché il regista non crede nelle persone. Io credo nelle persone. Però non credo nella maggioranza delle persone. Mi sa che mi troverò sempre d’accordo e a mio agio con una minoranza…
Vivere Maalox: Persona • Vittime.. Non Lo Siamo Tutti?