Da bambino, quando pioveva, volevo mettere tutti i giochi, le biciclette, i palloni che avevo sul balcone e portarli dentro casa, al caldo. Poi avrei preso i vasi, le ringhiere, il pavimento, anche il tetto della casa: così tutto sarebbe stato al sicuro, all’asciutto. Sapevo però che per proteggere qualcosa dal cattivo tempo era necessario qualcosa che rimanesse fuori, a fare da scudo.

I germogli, per proteggersi, fanno diventare una parte di sé corteccia. Del resto si sa, non c’è altro modo per diventare alberi.

“Sarebbe bello se non ci fosse il brutto tempo, potrei stare sempre fuori a giocare e non avrei bisogno di una povera casa che prende tutto il freddo al posto mio”, dice il bambino. “Però il brutto tempo c’è, e noi case non possiamo permettere ai bambini di bagnarsi”, dice la casa.
Così, quando fa freddo, quando c’è vento, il bambino sa che può stare al caldo e che può vivere grazie al suo tetto, ai suoi muri, alle sue porte. E il tetto, i muri e le porte, sanno di esistere appositamente per proteggere quel bambino, perché al mondo fa troppo freddo e c’è troppo vento per permettergli di stare fuori.

Perché una casa senza nessuno dentro è solo un’involucro di pietra, e un bambino senza casa è solo un germoglio.

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