Guillaume De Sardes “Genet a Tanger” 2019

 

Inquadrature con composizioni forti. Piccoli dettagli di una passeggiata di routine.
Silenzi e sguardi di un uomo che ha fatto quel che doveva fare e si gode la pace.
È davvero così o c’è del rimorso? Della delusione? Qualcosa che bolle? Un rimpianto? Forse, solo malinconia.

Il corto di De Sardes é fugace e rapido come una poesia.
Si presenta nel silenzio delle azioni quotidiane e si schiude poi in un unico dialogo, che spezza la routine. Dopo un criptico mutismo, ci consente un confronto e uno spiraglio per scrutare l’uomo.

 

Anche se silenzioso e in coda ad un cortometraggio, questo momento è uno dei picchi dell’intero festival

 

E così come è cominciato, finisce con grazia.
Generazioni a confronto ed emozioni perdute che si confondono come sagome giovani in controluce.
Questo corto è talmente impalpabile che parlarne con eccessiva analisi si rivela quasi sterile.

Certo è che De Sardes ha occhio per l’immagine, fissa o in movimento, la sa costruire e sa darle significato. È uno sguardo che presta attenzione ai pieni e ai vuoti, ai silenzi e alle voci. Un punto di vista che rispetta la vita e il cinema.
Senza dubbio, una mente promettente.

 

 

Yolande Zauberman “M” 2019

 

 

Menahem torna a casa per affrontare gli orrori della sua infanzia.
Meglio non aggiungere altro.

“M” è qualcosa di speciale.
Difficile per me parlarne, perché tratta temi molto delicati e non vorrei ferire la sensibilità di nessuno.
E anche perché, a causa di un disguido tecnico fuori dal controllo del festival, la proiezione alla quale assistevo si è dovuta interrompere a pochi minuti dalla fine.

Tuttavia, si percepisce da subito quanto M sia speciale.
Un documentario notturno, con un protagonista incredibilmente istrionico, poetico e dolente. Una regia, quella di Yolande Zaubermann, grezza e composta da riprese brutali, se non brutte. Questa scelta da un lato ci appare come amatoriale e ci dona un sapore di familiare serata passata a chiaccherare con amici, dall’altro si sposa con il tema terribile di cui parla, ovvero la violenza sessuale su minori. E questo tema M lo affronta con schiacciante onestà e da ogni punto di vista.

 

‘Il circolo vizioso spezzato’ mette alla prova la nostra morale. La nostra capacità di non cercare un capro espiatorio e di saper perdonare chi sinceramente cerca di rimediare ad un errore.

 

In M non si lesina sull’orrore, ma mai lo si semplifica o lo si stigmatizza come si farebbe per alimentare il fuoco di una ipotetica folla inferocita. Se ne parla nel dettaglio. Se ne parla analizzandolo bene e nel farlo ci troviamo di fronte alla nuda umanità, nei suoi aspetti atroci e nei suoi aspetti fragili, che spesso finiscono per toccarsi.

La linea tra vittima e carnefice si sfuma e si scopre che, come spesso accade, il mostro non è singolare, ma sistemico e ci fermiamo a pensare ‘io cosa ne penso, a riguardo? Provo pena, rabbia, tristezza, empatia? E se si, perché?’

Per rendere bene l’idea di cosa è e cosa fa “M” si dovrebbe stare qui a scriverne per righi e righi.
Il consiglio è invece quello di fruire di quest’opera coraggiosa (il prima possibile e se si è pronti).
Farsi traghettare in un viaggio buio, accompagnati dalla voce commovente e dai modi affabili del protagonista.
Provare ad affrontare, attraverso parole e riflessione, anche la peggiore delle mostruosità.

Una coltellata nel fianco e, allo stesso tempo, un abbraccio fraterno.

Alessandro Romita

 

 

François Valenza “Sébastian Tellier: Many Livers” 2020

 

Album Sébastien Teller 2014

 

Sébastien Tellier: Many Lives” è un documentario di François Valenza che racconta la vita artistica e musicale di Sébastien. Un film che crea intimità con il pubblico in questo continuo spiare l’arte.
Una melodia sentita ed emotiva ma anche caotica e disordinata. Ripercorrendo le metamorfosi del musicista.

“He’s both extrremely vulnerable and super strong, with things to express like a sort of flood of emotions”

Sébastien Tellier è un enigma, un personaggio performativo contornato da purezza e singolarità, dal genio e dal folle. Successo mondiale nel 2005 con il pezzo “La ritournelle”,  una melodia composta da archi, e ha rappresentato la Francia all’Eurovision Song del 2008 con il pezzo “Divine.”
E’ un musicista, artista e compositore francese, figlio di uno dei chitarristi di Magma. Un soggetto particolare in continua evoluzione artistica.

Sébastien ricerca il modo di esprimere quell’Arte, tanto bramata. Il lungometraggio si dividerà tra la prima parte della sua carriera artistica, nella quale l’artista compone e scopre la sua personalità, crea un susseguirsi di suoni e parole, di musica e stato dell’essere e una seconda parte del film, in cui, maturato il suo personaggio artistico, muta in forma psichedelica con il successo mediatico e popolare, rimandendo fedele alla sue composizioni. Mescolare il sublime con lo squallido.

Dit moi qu’est que tu penses?
de ma vie,
de mon adolescence,
dit moi qu’est que tu penses?
j’aime aussi l’amour et la violence

(L’amour et la Violence)

 

 

 

Mariana Otero “Histoire d’un regard” 2019

 

 

Bianco e nero per lo sguardo, per i tuoi occhi, l’esperienza di un attimo. Per i ritratti, il muro del pianto, il conflitto nordilandese e la guerra del Vietnam, le donne del maggio del 68’, la Guerra dei sei giorni e l’ingresso dell’esercito israeliano a Gerusalemme, la secessione del Biafra, la Cambogia e la guerra civile, vite perse, ritrovate, riconosciute e ricomposte in fotogrammi.
La scomparsa e la ricostruzione di un vissuto attraverso le sue fotografie.

Histoire d’un regar” storia di uno sguardo, uno sguardo testimone.

Un film documentario di Marianna Otero che omaggia il fotografo Gilles Caron, un fotoreporter, morto in Cambogia, scomparso in un viale alberato, che tra il 1967 e il 1970 è stato presenza di innumerevoli eventi storici, il fotografo parte integrante della vicenda.
Sono fotografie silenziose, un’esperienza mistica e delicata per chi le osserva, vociferano il passato di una terra vicina, di una terra fantasma. E’ una storia di sguardi che vivono, di soggetti che corrono, che aspettano, che cercano speranza sul tetto del treno, che fumacchiano, che soffrono, che si intrecciano per sentire calore, il calore umano.

“Chi c’è non ci sarà più.

 

Demonstration of catholics to defends their rights
Irlande du nord. Ulster. Londonderry © Gilles Caron

© Gilles Caron

© Gilles Caron

© Gilles Caron

 

Mariana Otero si immerge nel lavoro di restauro delle fotografie di Gilles Caron, scopre l’infinità di scatti e vissuti, le abbraccia, ripercorre la strada di Gilles, le incolla sulla parete del suo studio per una ricerca precisa e accurata.
Lo sguardo della regista tra i 10.000 scatti dell’artista, il lavoro di recupero dei rullini e l’ordine degli scatti.
E’ alla ricerca di dettagli, dei pensieri di Gilles se fosse andato, se avesse svoltato a sinistra, cos’ha percepito scattando quelle fotografie. Una composizione dell’immagine lineare e pulita, una fotografia di strada ma così elegante che resta nella memoria. Mariana Otero ha trovato alcuni soggetti delle fotogrie di Gilles, come le due sorelle che riconosco il fratello Jim, uno scatto singolare, complicità nello sguardo.

E’ un film che ci avvolge, che ti fa sentire parte integrante dell’opera. Una meravigliosa opera artistica.

 

Manifestation CGT © Gilles Caron

© Gilles Caron

 

Federica De Rinaldis

 

‘Histoire d’un regard’ è probabilmente uno dei migliori (se non il migliore) film del festival.
Il documentario, un percorso all’interno della vita del fotografo Gilles Caron, è composto perlopiù da fotografie e voce fuori campo. Ma ogni volta che la regista Mariana Otero presenta una sequenza di scatti, lo fa in un modo nuovo e che dialoga costantemente con la visione cinematografica.

Una volta le mette in ordine e ne deduce il processo mentale e d’azione del fotografo. In un’altra muove la camera all’interno dell’immagine, indugiando man mano su singoli elementi. Oppure gli scatti sono presentati in sequenza rapida, come a simulare movimento. Un’altra volta ancora prova a ricostruire un’ambiente 3D tramite l’uso di varie foto (bidimensionali per natura).
O ancora va a scoprire dove sono finiti i soggetti o l’influenza che quei momenti immortalati hanno avuto nel mondo.

Il relazionarsi tra immagine fissa e in movimento, tra tempo e spazio, passato e presente, forma e significato, rappresentazione del reale e rielaborazione estetica dello stesso è costantemente al centro del racconto. Rendendo onore non solo alla vita di Caron, ma all’arte dell’immagine tutta.

Alessandro Romita

 

 

Programma Festival Vive le cinèma
Venerdì 18 settembre: https://www.vivelecinema-festival.com/programma/

Prenotazione biglietti su: https://www.eventbrite.it/o/vive-le-cinema-31102245301

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