Frédéric Farrucci “La nuit venue” 2020
Tra i neon e luci di strada, Jim, autista notturno a Parigi, vive in quest’atmosfera buia e disorientata in un’altra dimensione che offre la città, un’economia differente che si muove in uno strato più misero che sfrutta l’individuo, in questo caso i migranti clandestini.
Jim è un DJ cinese esiliato dalla polizia dal suo paese d’origine e costretto, quindi, a fuggire in Francia indebitandosi con i trafficanti. Un protagonista in cerca del proprio equilibrio, un angolo nel mondo, con il sogno di tornare a fare musica, ma che per svariate circostanze ritarderà la sua partenza.
Il lungometraggio è un alternanza di luci e ombre accompagnati dalle melodie di Jim, dai suoi tragitti in auto e i suoi pensieri non svelati.
“Non ho documenti né denaro, ma ho debiti”.
Un film di Frédéric Farrucci, un film con sfaccettature noir, che rivela il vissuto anomalo dei personaggi, catapultati in una quotidianità meccanica e alienante. Una fotografia che parla attraverso lo sguardo di Jim, saremo i suoi occhi, saremo coloro che guarderanno la povertà, l’uomo che sotterra il suo simile.
Il barlume di speranza è spento.
La fotografia è spenta.
Jim ha lo sguardo spento.
Un incontro inaspettato cambierà il suo modo di osservare. Naomi e Jim si tengono per mano in una Parigi che non sentono casa. Si mescoleranno le loro vite, le parole saranno assenti, e il tutto è racchiuso dal desiderio di una vita migliore. Sentirsi migliori.
Spazi aperti della visione
a cura di Lorenzo Madaro e Brizia Minerva
Talk con l’artista Rossella Piccinno
Rossella Piccinno (Tricase 1978), una documentarista con tematiche sociali, laureata in cinematografia e ha conseguito un master nelle arti digitali in Francia. In particolare “Hanna e Violka” 2009, un film sulla trasformazione, il confronto tra le due protagoniste e la situazione sociale italiana che invecchia e il coraggio e la forza di continuare a vivere.
Le vite di Hanna e Violka si intrecciano e si liberano in questo scambio di ruoli, tra un passato e un presente difficile e il ritorno in Polonia. “Una riflessione che non è solo antropologica e sociale ma prima di tutto intima e personale.”
Il lavoro artistico di Rossella Piccinno crea dei legami umani tra il tempo e lo spazio, tra il ricordo dei suoi soggetti e la memoria collettiva, un crearsi di attese e mutamenti di paesaggio, tra l’artificio e il naturale.
Le sue opere convergono nel documentario raccontato attraverso differenti forme artistiche come la video arte, le istallazioni video-sonore e la fiction sperimentale. Utilizzare l’arte come mezzo per rappresentare il sociale che le ruota attorno, a partire dagli elementi del suo territorio.
Un film sperimentale come “In Limine” (in latino Sulla Soglia) è un’opera che crea questa relazione tra il legame che instauriamo con il passato e tutto ciò che ci riconduce alla nostra memoria. Vi è la rappresentazione della storia del Cristo delle Trincee, una statua distrutta dai bombardamenti di Neuve-Chapelle nel 1915. Ritorna alla memoria, così, un evento storico e politico, simbolo della storia del paese, portandolo alla luce per non creare indifferenza dal tempo che scorre.
Florent Gouëlou “Beauty Boys” 2020
Beauty Boys è una breve storia asciutta. Quasi punk.
Due giovani decidono di mettere su per la loro comunità cittadina un piccolo spettacolo in drag. La storia parla in realtà di due idee di mascolinità, una radicalmente più tossica (e più popolare) dell’altra.
È una storia che vuole apparire reale e realistica grazie all’uso della camera a mano, che però si presenta spesso senza tagli (o con tagli molto precisi basati sul ritmo del dialogo e della recitazione) per immergerci in una danza (all’inizio) o un’ambiente (la scena di ‘vestizione’). Lo sguardo del regista sa quando fermarsi per un’entrata in scena da supereroina/eroe/ero*.
Florent Gouëlou regala una commedia con spigoli di dramma traendo forza soprattutto dai suoi personaggi, dall’alchimia recitativa tra le performance attoriali genuine e accattivanti di Simon Royer, Marvin Dubart, Mathias Houngnikpo e Louise Malek.
Il film è breve ma intenso, piazza un paio di piccoli colpi di scena davvero efficaci, fa un bell’uso dell’ironia e riesce a creare momenti senza sbavature in modo da rendere tono, tema e narrazione sempre uniti e dinamici.
Si vorrebbe conoscere di più delle vite di questi personaggi.
Arrivando alla fine del corto, però, la sensazione è che la storia abbia raggiunto il suo naturale concludersi.
E il taglio finale è, semplicemente, splendido.
Arnaud Depleschin “Roubaix, une lumière” 2019
Roubaix, una luce.
Come quelle inquadrate nelle belle dissolvenze ad incrocio che aprono il film.
Le luci di una festa cittadina. Senza alcuna pretesa di grandezza.
Un uomo che indaga, enigmi da risolvere, ritratti di umanità.
Negli spiragli una riflessione sul vivere, sulla comunità e sulla nascita di un crimine.
Il film ci regala personaggi interessanti e recitati splendidamente.
Il sovraintendente Daoud (Roschdy Zem) è una figura dalla regale presenza e dall’interessante storia e morale. I personaggi di Lea Seydoux e Laura Forestier sono delle meravigliose statue di ghiaccio che è un piacere vedere resistere all’inevitabile scioglimento al quale vanno incontro.
Nella pellicola ci sono alcuni bei momenti di luce e atmosfera e interessanti usi del montaggio, soprattutto quello alternato verso il finale.
A livello di scrittura ci si aspetta che la storia parta da un punto e tiri una lunga linea fino alla conclusione. Invece il regista Arnaud Depleschin, insieme a Léa Mysius, ci porta in una serie di piccole vignette criminali.
Non ci sono inafferrabili malviventi, né tensione di ‘vita o morte’, né romanticizzazione o fascino. Tutti si sciolgono nella pochezza, nella tristezza, nella placidità.
Forse, quello del regista, è un lavoro di demitizzazione, per mostrarci cosa davvero accade in una stazione di polizia. Dico forse perché a visione conclusa (ma anche nelle fasi finali del ‘terzo atto’) si ha la sensazione che non sia ben chiaro dove la storia voglia andare a parare.
Ed è questo il problema più grande di “Roubaix, une lumière”.
Il film è una riflessione sul crimine? Sul fatto che spesso un criminale sia solo una persona che ha smarrito la strada e si trovi in una situazione della quale a posteriori non riesce nemmeno a razionalizzare i dettagli?
Oppure è un, come dicono in America, ‘Character study’? Approfondimento di uno o più personaggi per vederne l’interiorità a scapito magari di un intreccio vero e proprio?
Ci sono tante briciole di pane che questa pellicola si lascia dietro, tanti diversi tracciati che lo spettatore spera si intersechino per guidarlo verso qualcosa. Ma alla fine, nel lungo e lunghissimo interrogatorio che va avanti davvero per troppi minuti (pur chiudendosi su un gesto molto poetico e terribile), semplicemente non si ha più la forza di provare a capire dove e cosa sarà il ‘traguardo’. Il carisma dei personaggi viene meno e la mancanza dell’intreccio e di una visione estetica potente non aiutano a guidare lo spettatore.
Il controfinale, poi, lascia ulteriormente perplessi. È infatti una chiusa vestita di dolce e aggraziata pace che mal si sposa con il tono generale della pellicola.
Il film probabilmente merita una seconda visione, per analizzarlo alla luce della conclusione. Sicuramente ne merita anche una prima, vista la bontà delle prove attoriali e lo strano fascino di questi piccoli ed infimi crimini. Ma “Roubaix, une lumière” resta una storia alla quale manca una direzione forte e accattivante per catturare i suoi spettatori e permettergli di superare i suoi scogli più irti.
Programma Festival Vive le cinèma
Giovedì 17 settembre: https://www.vivelecinema-festival.com/programma/
Prenotazione biglietti su: https://www.eventbrite.it/o/vive-le-cinema-31102245301