Settembre 2004
teenagers, un venerdì pomeriggio come tanti.

Riiing riiing, riing riiing
“pronto?”
“si ciao, sono Roberto, c’è Federico?”
“si te lo passo. FEDERICOOO!”
“…”
“si, pronto?”
“ehi fede ciao! Che facciamo domani sera? Vediamo un film?”
“ehi Robbi si dai, assolutamente! A casa o al cinema?”
“boh, dipende… Ho preso il dvd del Ritorno del Re!”
“uuuh potremmo rivederlo! Anche se Marica odia il signore degli anelli…”
“vero. Anche Luigi. Vabe dai, a sto punto direi cinema. Che fanno?”
“Spider-man 2 visto. Ah c’è The Terminal!”
“Mmm non so, non mi ispira molto…”
“allora vediamoci Godsend! Horror e andiamo sul sicuro per tutti!”
“Fico! Dai, scrivo io un messaggio a tutti!”
“Fico!”

2020,
non più teenagers, un sabato sera invernale qualunque.

“… E poi il mio capo ha tolto i documenti dal trita-carte sperando fossero ancora integri!”
“AHAHAHAHAHA”
“AHAHAHAHAHA”
“EHEHEHEHEHEH”
“…”
“la pizza non era male no? Certo, il bordo un po’ troppo spesso e l’impasto decisamente insipido. Ma i pomodorini gialli erano una chicca!”
“non nominarli nemmeno che mi sale l’acidità.”
“Robbi tu non mangi un cazzo, dai…”
“vabe ci vediamo un film quindi?”
“Va bene, idee?”
“ma si, apri Netflix e decidiamo insieme”
“Fantasy va bene a tutti?”
“no…”
“Ci fosse stato Federico…”
“Chi è Federico?”
“un mio caro amico dei tempi del liceo, poi se ne è andato…”
“Oddio come? Quando?”
“Subito dopo il liceo, a Roma”
“…”

“partitina al gioco dei mimi?”
“andata.”

 

In principio erano le videocassette. Poi sono arrivati i dvd e da una decina d’anni i bluray. Ogni volta ci sono cascato e ho collezionato decine, spesso centinaia, di titoli. E meno male che da noi non hanno attecchito i laserdisc negli anni ’90 altrimenti avrei preso anche quelli. Ok, ho preso solo il laserdisc di Titanic e senza avere il lettore per riprodurlo. Ma a mia discolpa posso dire che è stato anni fa ad una fiera e l’ho pagato una miseria e nessuno mi ha dissuaso dall’acquisto e poi… Vabe, la smetto. Chi mi conosce sa che per me vige la regola del “ogni storia relativa a Titanic resta sul Titanic”.

È da un po’ che non sento la necessità compulsiva di comprare tanti bluray come facevo una volta. Onestamente inizio a dubitare che sia solo per mancanza di fondi. S’insinua sempre più in me il pensiero che le piattaforme digitali stiano seppellendo il mio materialismo. Anche le zie ormai hanno una smart tv e sono proprio queste a proporci di installare app a pagamento per la visione on demand. In men che non si dica – e sborsando una cifra più o meno bassa – ti ritrovi con ore e ore interminabili d’intrattenimento! Gli schermi domestici, sempre più grandi, piatti, tecnologici ed economici, offrono un’esperienza qualitativa coinvolgente al punto da farci quasi dimenticare di essere a casa, stravaccati sul divano col plaid di Winnie The Pooh in grembo. Mi domando se sia ancora giusto parlare di “piccolo schermo” quando ci si riferisce alla Tv, perché sembra quasi una battuta. Chi ha la fortuna di avere un impianto surround poi, si fa una risata ancora più sonora. Inizio già da ora col dire che per me neanche questo rimpiazzerà mai la sala di un cinema. Anche se Netflix e compagnia bella hanno tantissimi lati positivi, anche troppi.

“che fai?”
“guardo la tv”
“anche noi! C’è un bel film sul 5! Tu che stai guardando?”
“papà sto guardando cose su Netflix…”

Uno scambio di battute come questo mi fa pensare a quanto sia bello poter essere realmente liberi di scegliere cosa vedere, senza essere vincolati da una programmazione imposta e spesso scialba (ovviamente non parlo di Barbara D’Urso, Barbarella non si tocca.).
“Guardare la tv” ormai è diventato un concetto ampio, non più limitato al solo segnale dell’antenna. Permettetemi una follia. Immaginate di accendere la tv generalista e che improvvisamente parta uno spot con lei: Antonella Clerici! Lei cammina disinvolta per la sua ipotetica casa spoglia, bianca e a tinte impercettibili di beige che ricordano il legno. L’Antonellona nazionale è raggiante nel dire alla casalinga di Voghera che le piattaforme sono “la Mia tv”. Ok tutto ciò non potrà mai accadere per una serie di motivi, ma la tentazione di mettere le mie idee malsane in bocca alla Clerici era troppa (chiedo venia).
“La Mia tv”… aah, quale poesia!

Prendiamo la situazione drammatica che viviamo da più di due mesi. “La Mia tv” è un vero e proprio toccasana in questi tempi di magra vita sociale. I termini “quarantena” e “coronavirus” sono diventati paragonabili all’impronunciabile “Voldemort” di Harry Potter (fan del maghetto cliccate qui se volete fare un test divertente).
Far “play” su ciò che vogliamo e in qualsiasi momento, è anche un buon motivo per portare a testa alta quei chiletti di troppo accumulati su fianchi e fondoschiena, se mai quest’estate vedranno la luce del sole.

Lo ammetto: al momento dispongo di iscrizioni a Netflix, Prime Video e al neonato Disney+. Ed ecco che torna il caro vecchio materialismo in versione aggiornata, mea culpa. Ma, non fosse per loro, a quest’ora sarei in decomposizione sul fondo del Naviglio. Anche la tv nazionale ha messo a disposizione le proprie app di visione on demand gratuitamente: Mediaset Play, RaiPlay (anche se alla Rai paghiamo il canone). Non dimentichiamoci di Hulu, TimVision (davvero?), Infinity, NowTv, AppleTv, Rakuten… Viva la par condicio.
Si, in casa c’è tanto da fare… ma l’ozio, a una certa, arriva per tutti. E allora colpo di telecomando e via! Non è un’impresa come scaricare illegalmente, con ricerche di torrent o streaming che spesso coinvolgono la redazione di “Chi l’ha visto?” e che prevedono tempi d’attesa stratosferici (grazie a mio cugino per queste preziose info di cui ero completamente ignaro, coff coff). Quasi dimenticavo la miniera che sono YouTube, Twitch & co… Che ve lo dico a fare. Insomma: “energumeni, versatemi la cioccolata!”

Siamo sommersi di contenuti.
Non so voi, ma a me capita di scorrere fra i titoli di Netflix per tantissimo tempo! Roba da far impallidire la cottura del ragù della domenica. Poi, spesso e volentieri, finisco col fare tutt’altro. Una tantum è scattato anche il quesito “meglio iniziare una serie tv o una serie di squat?”. Non vi dico com’è finita.
Per fortuna mi succede anche di partire in quarta con le idee ben precise, tipo: sere fa ho pensato a Notting Hill e l’ho messo su senza pensarci due volte. Oppure quando aspetto con ansia un titolo (evento raro) e conto i giorni che mi separano dalla pubblicazione dei nuovi episodi. Di recente mi è successo per “Making The Cut” su Amazon Prime (confesso) e su Disney+ per le serie documentario “The world according to Jeff Goldblum” e “The Imagineering Story”.
Mi sono reso conto che avere tutto quel materiale da vedere mi provoca un senso si, di potenza, ma allo stesso tempo anche di claustrofobia. Un concetto non troppo lontano da “fenomenali poteri cosmici… in un minuscolo spazio vitale”.

Sorge spontanea la domanda: “ma fra tutta quella roba… quanta vale davvero?”. Quantità e qualità: dove pende l’ago della bilancia? Sicuramente verso la quantità. Che lo vogliamo o no, ciò determinerà e influirà sui nostri gusti futuri, su come recepiremo un prodotto audiovisivo.
Recentemente le statistiche hanno deliberato: alla gente piace fruire di prodotti sempre più brevi, da vedere direttamente sul cellulare. TAAAC! Ecco che viene fuori una piattaforma come Quibi, pensata per gli smartphone e con episodi che non superano i dieci minuti di durata. Mirabolante. Il sottoscritto non riesce ancora ad elaborare un giudizio a riguardo. Penso però alla produzione creativa dei prodotti che finiranno dentro a Quibi, inevitabilmente confezionati ad hoc per la riproduzione sui cellulari: diremo addio ai campi lunghissimi di panorami e paesaggi? Si a più primi piani e soggetti “a fuoco”? Ciò tarperà troppo le ali degli autori o si rivelerà una benedizione creativa? Vedremo.

Le produzioni cinematografiche sono tutt’altra faccenda, sia in termini di pre-produzione che di assimilazione da parte del pubblico. Lo so, sto facendo la scoperta dell’acqua calda, ma è un dato di fatto e reputo giusto dirlo. Anche il più grande multisala potrà offrirci, non so… venti sale? Ok, venti film fra cui scegliere. Sarà che avere un piccolo margine di scelta mi mette a mio agio. Il cinema poi ha un prezzo ben diverso e restrittivo rispetto all’intrattenimento casalingo. Facile che una famiglia ponderi bene sul film a cui cedere i propri dindi (quando non c’è Checco Zalone a calamitare l’attenzione dell’intera nazione).
Ok, da come mi pongo pare stia prendendo le difese del cinema. Forse è così. Non credo però di essere un “conservatore”, non guardo al passato, anzi. Da appassionato, mi faccio solo tante domande. Niente, mi giustifico prima che qualcuno mi affibbi un “Ok boomer”.

Non vi tolgo altro tempo prezioso, siamo tutti liberi di tornare a “la Nostra Tv”. Momentanea ancora di salvezza.
E il naufragar ci è dolce in questo mare.

(Ah, tornando allo scambio di battute a inizio articolo: che brutto film che era Godsend!)

 

di seguito la mini-rubrica che troverete alla fine di ogni mio articolo: “film da pluriball”, ovvero un film che a mio avviso merita di essere protetto e preservato!

Alla prossima!

– Alberto

 

l’ho nominato prima ed è anche su Netflix!
Il film da pluriball di oggi è… RULLO DI TAMBURI…

Alberto Mazzotta
1988, Cancro. Di Lecce ma vivo quattro quinti dell'anno a Milano. Ho studiato Media Design (Naba) e Cinema (Centro Sperimentale di Cinematografia di Milano). Che dire... Non accettate i falsi. Esigete sempre e solo videocassette originali Walt Disney Home Video.

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