Avete mai visto un film che vi ha dato la sensazione di assistere ad un sogno?
Non film sognanti nel senso più dolce e ‘cosciente’ del termine, bensì narrazioni regolate da principi surrealisti. Pellicole costellate di situazioni, ritmo insolito, atmosfere ambigue se non totalmente distorte e/o esagerate.

Mai visto un film che vi ha fatto slegare completamente dalla realtà, per poi farvi sentire perplessi e ‘dislocati’ una volta finiti i titoli di coda?

Se siete interessati a sperimentare queste sensazioni, qui sotto vi suggeriamo 6 pellicole la cui fruizione si avvicina molto al vivere un sogno. Sono film che regalano un tipo di esperienza altrimenti non replicabile nella realtà, ma che si avvicina fortemente a quella che spesso ci sorprende mentre dormiamo

Le 6 opere scelte, si dedicano con particolare costanza a costruire regni surreali e ad oscillare tra il rassicurante, il familiare e l’alieno, l’inquietante. Sono tuffi consigliatissimi all’interno del labirinto del subconscio e delle possibilità di espressione emotiva che il cinema può regalare.

Da provare assolutamente.

1) Eraserhead

di David Lynch

Il seminale ‘sogno di cose oscure ed inquietanti’ di David Lynch, continua ad essere uno degli incubi più efficaci mai visti su pellicola. Pur essendo il lungometraggio primogenito del genio del Montana, al suo interno troviamo tutte le influenze e le sfumature d’atmosfera e simbolismo che lo renderanno uno dei nomi più importanti del cinema americano.

Nel mondo di Eraserhead, gli ambienti sono luoghi stereotipati ed umili (la casa, l’ufficio) che vengono ‘resi sbilenchi’, sporcati da elementi grotteschi e ambigui e teatro di situazioni apparentemente senza nesso.

‘Lo taglio come un pollo normale?’ ‘Si, si, proprio come un pollo normale’

I personaggi seguono lo stesso principio e diventano delle maschere distorte di persone comuni, sempre con una caratteristica comportamentale o fisica sopra le righe (se non deforme) che ne sposta il baricentro rendendole creature a metà tra cartoon e demoni orrorifici sotto spoglie di casalinghe e vicini di casa. Le situazioni nelle quali si trovano tali figure e al loro modo di reagirvi ricordano a grandi linee qualcosa di reale, ma c’è sempre un elemento stonato e inspiegato a fungere da unghia sulla lavagna.

I confronti tra personaggi si dipanano spesso in sorrisi distorti mantenuti troppo a lungo, sguardi fissi, reazioni che confondono o sconvolgono del tutto. Alle volte si ride, alle volte si è inquietati, molte volte non si sa quale delle due cose provare e si resta perplessi, ma sempre affascinati.

‘Tu hai le tue buone cose, io le mie’

Il tutto condito dalla carenza di spiegazioni riguardo alle parentesi pienamente simboliste e surreali e da una fotografia in bianco e nero che sa come far collaborare al meglio le due tinte. Una colonna sonora ambient/rumorista come ciliegina sulla torta e il viaggio introduttivo nel mondo unico ed irripetibile di David Lynch è servito.

Se siete amanti o volete esplorare delle emozioni ambigue, strane ed inquietanti, andate sul sicuro. Dopotutto, è il film preferito di Stanley Kubrick, il quale lo mostrò ripetutamente ai suoi attori sul set di Shining, per metterli nel ‘giusto’ mood.

2) 3 Donne

di Robert Altman

Se Eraserhead è l’incubo apertamente surreale, lo splendido film di Robert Altman ricorda invece il classico sogno ingannevole.

Ci si ritrova dentro senza sapere bene quando è cominciato e apparentemente non sembra tanto diverso dalla realtà, anche se percepisci da subito che qualcosa non è al posto giusto. Le interazioni sociali, già sospette in partenza, diventano sempre più strane e il lato simbolico prende il sopravvento sempre più.

‘Dev’essere strano essere gemelle. Lo sapranno sempre chi sono delle due?’ ‘Certo che lo sanno, o almeno dovrebbero’ ‘eh, non lo so…’

Il film prega di essere letto da un punto di vista concettuale più che come una rappresentazione di ‘fatti’. Ciò che davvero coinvolge e stupisce è però il suo restare in equilibrio tra questi due aspetti, creando un’atmosfera ammaliatrice e vacua, ma decisamente accattivante.

I personaggi si muovono in lande desertiche, seppur abitate. Il proscenio e il ritmo sono secchi e placidi in principio, ma è una corda che viene tesa sempre più fino al punto di spezzarsi fragorosamente. Interagendo tra loro le protagoniste, non rendendosene conto, si muovono come se fosse il destino a guidarle.

‘non bevi, non fumi, non fai niente di quello che dovresti fare’

A fare da contrappunto alle vicende è il forte uso visivo, cinematografico e simbolico dell’acqua, nello specifico l’immagine della piscina. Questo elemento è il flusso che ci culla e ci rimesta nel racconto, che ne filtra in sovrapposizione gli eventi, fino ad evolversi in una sequenza sublime a cuore spalancato e vulnerabile.

3 Donne, come afferma il suo stesso autore, è un film su ‘contenitori* vuoti in vuoti paesaggi’ (*il termine preciso è ‘vessel’ che può voler dire anche nave, vascello o in generale un oggetto creato per contenere e all’occorrenza trasportare), nato da un’immagine, sognata dal regista, intorno alla quale egli ha deciso di creare un racconto ammaliante. Allo stesso modo risulta l’accompagnamento musicale, dal sapore di ambiguo presagio nascosto che perfettamente accompagna il lieve e incombente ronzio filmico.

3) L’anno scorso a Marienbad

di Alain Resnais

Ed eccoci al sogno criptico, ipnotico. Insistente mulinello acquatico e sguardo ad occhio di mosca. Una riflessione ad orologeria, mentre si scende (o sale?) una scala a chiocciola. Analisi sui concetti di realtà e ricordo, ma anche possesso, verità, libertà, amore e nebulosità della mente.

Al contrario dei titoli sopra citati, caratterizzati da un intreccio narrativo seppur sfumato composto da reazioni causa effetto, questo è come un lento girotondo riflessivo con gli occhi puntati sul centro del cerchio del quale vediamo sempre più sfaccettature.

‘… lungo questi corridoi, attraverso questi saloni, queste gallerie… pannelli intagliati, specchi neri, quadri dalle tinte scure…’

Due persone si incontrano in una splendida ed opulenta villa quasi fuori dal tempo: una delle due dice che si sono già conosciute in quello stesso luogo, l’anno precedente. L’altra nega.

Nel mezzo, suadenti ripetizioni di concetti, parole, immagini e situazioni, un luogo elegante e surreale che si erge nell’inconscio di qualcuno o della collettività, mura e giardini entro i quali le le ombre sembrano disegnate per terra e dove il tempo si congela. Tutti gli ospiti del maniero appaiono al contempo lì per caso e d’accordo sull’attuazione di un piano segreto.

Dal punto di vista tecnico, un labirinto di specchi fatto di movimenti di macchina che navigano lenti, rime visive, immagini che mostrano cose mentre voci fuoricampo ne descrivono altre, splendidi giochi di luce, contrasti, duplicazioni e inquadrature stupendamente composte per un bianco e nero mozzafiato.

‘Posso perdere, ma vinco sempre’

L’anno scorso a Marienbad è un sogno significativamente pregno, un quadro di Escher su pellicola, troppo articolato per discernerne il contenuto una volta svegli, una splendida trappola nella quale vale la pena di cadere volontariamente per vedere in che stato si riesce ad uscirne.

Come una figura misteriosa che non riesci a sconfiggere ad un gioco di logica
.

Un quadro di Escher su pellicola, una splendida trappola nella quale vale la pena di cadere volontariamente e vedere in che stato si riesce ad uscirne.

4) L’Uovo dell’angelo

di Mamoru Oshii

Il primo viaggio disegnato di questa lista, opera del maestro Mamoru Oshii, è una storia simbolica e fiabesca, antica e semplice, una parabola religiosa di un culto che non esiste più.
L’atmosfera è perfetta per il linguaggio del cinema animato, abile nel descrivere figure e situazioni fortemente caratterizzate e stilizzate.

Molteplici immaginari visivi coesistono senza che si percepisca un distacco e grazie al potere dell’animazione, il tutto riesce ad apparire ‘verosimile’, per niente forzato o sopra le righe.

Il design di surreali marchingegni da guerra coesiste con quello di strade silenziose che sembrano appartenere ad una vecchia cittadina europea  immersa nella notte eterna. Evocative cattedrali e sentori di astronavi fantascientifiche si mescolano in un oggetto che atterra su una pianura, un non-luogo privo di edifici dall’immenso pavimento a scacchiera.

‘Chi sei?’

Due personaggi e una città deserta, ma in qualche modo ancora blandamente viva.
Il risultato è un film languido e malinconico, colmo di gesti rituali e fedi incrollabili o disilluso cinismo. Sono pochissimi gli eventi e i dialoghi. I silenzi, lentissimi, invitano ad un’immersione totale e all’abbassamento delle difese lasciandoci comunque guardinghi. Quasi del tutto misteriosi restano i pensieri che muovono i protagonisti.

Il ritmo è placido e impalpabile, lo sguardo è incentrato sugli spazi vuoti o sui volti dei personaggi, il minimo gesto o dialogo supera il limite e appare come un elemento che va recepito con estrema attenzione.

‘Chi sei?’

Nel momento in cui qualcosa di molto forte rompe il silenzio, il cuore si infrange.
Il character design delicato e androgino di Yoshitaka Amano (cercate i suoi splendidi artwork per Final Fantasy) si muove all’interno della regia di Mamoru Oshii in momenti di pura estasi sublime. Capelli d’argento che si muovono tra ombre ritmiche mentre una musica corale, psichedelica e clericale ammanta un’ammaliante camminata.

Angel’s Egg è quel tipo di film quasi totalmente d’atmosfera, che vive dei pochi simboli dei quali è composto. Guardandolo, questi elementi vengono percepiti come necessariamente interconnessi, ma poiché risulta difficile capire in che modo, ci limitiamo a venire trascinati da questa parabola priva di esplicita morale. Sembra un’interpretazione visiva di un racconto tramandato oralmente i cui dettagli sono stati dimenticati, persi tra una versione e l’altra, ma il cui nucleo rimasto intatto.

Un tuorlo d’uovo in una fitta, viscosa nebbia.

5) Sleep has her house

di Scott Barley

Che ci sia il termine Sleep (sonno, dormire) nel titolo non è un caso. Uno dei motivi può essere che l’esperienza di questo lungometraggio, se non siete emotivamente preparati, rischia di rilassarvi al punto del dormiveglia. D’altra parte questa storia conduce a un’esperienza più vicina a quella dormire che a quella del sognare.

Sleep has her house è un film speciale, in quanto privo di umanità. Non nel senso di gelido e senza vita, al contrario.
Non un essere umano esiste in questa narrativa, a malapena esistono animali.
È un film che vive di contrasti e ricontestualizzazioni di elementi naturali e l’unica cosa umana è il nostro sguardo. Negandoci parole, volti, ragionamenti e comportamenti con i quali siamo soliti stabilire un contatto, il film invita il nostro cervello e il nostro animo quasi a mutare in uno stato primitivo, in pieno contatto spirituale con erba, alberi, rocce, nuvole e corsi d’acqua.

Il tutto però non ha un tono da ‘National Geographic’, il navigare queste lande quasi sempre tremendamente oscure ci porta in uno stato di trance mistica e di totale vulnerabilità.
Il ritmo delle situazioni e delle immagini è ipnotico per via dell’uso di un occhio compositivo affascinato dalle più delicate luci e dalle più sontuose ombre. Il film ci educa ad una respirazione più tranquilla e profonda, proprio come quella che assumiamo quando il corpo è a riposo.

Lo sguardo cinematografico crea continue variabili di compressione spaziale e di tempo. Molti mutamenti (dai movimenti di macchina allo spostamento della luce, passando per l’uso delle dissolvenze incrociate) avvengono spesso in maniera quasi impercettibile al fine di renderci vulnerabili e di farci sfumare da una fase all’altra senza quasi rendercene conto.
Le eventuali eccezioni alla regola creano così uno sbalzo emotivo che mozza il fiato.

E qui viene il genio dell’opera. Sleep has her house è infatti un racconto a tutti gli effetti. Un racconto fatto principalmente di ritmo, che viene usato con maestria al fine di rilassarci… e in seguito traforarci l’anima per poterla scrutare e farci passare attraverso delle folate di vento. È una storia che, come molte, ha un’inizio, uno sviluppo, un sovvertimento e una fine, ma con protagonisti e antagonisti non comuni.
Rami e foglie, vuoti e pieni, pace e terrore. È un film horror, ma che, per dirla alla Francesco Guccini, ‘parla come il mondo e come il sole, parole troppo grandi per un uomo’.

Anche e soprattutto per questo motivo, guardarlo (al buio e con un buon impianto audio, mi raccomando) è esperienza surreale e onirica. Lo stato trascendentale che la pellicola invoca, ci pone di fronte ad un aspetto del mondo che molti di noi non vivono. In certi momenti esso è riprodotto per come è e in altri con pennellate di sovrannaturale sospetto. Ma forse quel lato sinistro e silenzioso è solo un segreto della natura che non riusciamo più a capire.

Quale che sia la realtà, questo film è una vicenda come poche se ne vedono. Un crudo punto zero emotivo, un’odissea del silenzio.
Sembra un sogno semiastratto e allo stesso tempo iperrealistico dove niente e tutto succedono nello stesso istante e solo una volta tornati alla veglia si può tirare un sospiro di sollievo non già privo, tuttavia, di nostalgia per le affascinanti sensazioni lasciate alle spalle

 6) Waking Life

di Richard Linklater

Infine un sogno che parla di sogni.

Senza entrare nel merito per non svelare troppo, Waking Life è una esplicita narrazione (e in seguito dissertazione) sui meccanismi che regolano il sognare. Un insieme di vignette estremamente specifiche, permeate di riflessioni su arte, cultura, vita, morte e ovviamente sogno. Il tutto popolato dalle persone più diverse che fanno le cose più assurde o più normali.

Il protagonista è come strattonato da una situazione all’altra senza soluzione di continuità. Ogni tanto lo vediamo in terza persona, ogni tanto siamo come immersi nel suo punto di vista. Ma siamo davvero lui? E siamo presenti nella scena o è solo un’illusione? Scorgiamo sprazzi di quella che sembra una narrativa lineare, ma è davvero così? E se si, dove ci vuole portare? Ammesso che voglia condurci da qualche parte.

‘In questo sei davvero unico, è uno dei motivi per cui mi piaci. Tu sai portarmi in quella dimensione’

Come spesso accade, quello che conta è il viaggio. L’esperienza unica del verboso zapping onirico che ci regala Waking Life è acuita dalle sue scelte tecniche (e) di linguaggio. La scrittura, il montaggio e le interpretazioni sono tutte ‘aumentate’ dallo splendido uso del rotoscopio (tecnica che consiste nel disegnare ‘sopra’ a riprese effettuate dal vivo).

Questa scelta consente di ragionare sul concetto della realtà sfumata che tipicamente abita le nostre menti sopite. I personaggi e il mondo che li circonda sono presentati variando, spesso nel giro di pochi istanti, tra rappresentazioni dettagliate, grottesche o stilizzate senza mai perdere l’appiglio al loro scheletro di forma reale.

‘Louis Malle aveva appena girato il suo film più caro, gli era costato due milioni e mezzo di dollari, Billy Wilder gli chiede di che parla e Malle risponde ‘è una specie di sogno nel sogno’ e Wilder ‘Hai appena perso due milioni e mezzo di dollari”

La forza estetica del movimento del corpo umano viene quindi ammantata con un filtro poetico ammaliante, al punto che il mondo attorno a tale corpo può modificarsi a seconda dei concetti espressi.

Waking life può sembrare uno sterile esercizio di stile (per quanto l’accezione negativa spesso attribuita al concetto sia odiata dal sottoscritto), ma la sua natura sospesa e impalpabile è in realtà perfettamente calzante per i sogni vorticosi e quieti che vuole narrare.

Tra tutti i film presi in considerazione questo è l’unico che si prepone l’obiettivo di dissertare e analizzare l’idea stessa del sogno e il rapporto che la settima arte ha con la materia onirica.

Ed ecco a voi. 6 opzioni (se ne vuoi una bonus, clicca QUI) per tentare un viaggio onirico, un’esperienza diversa dal solito.

Cercate di recuperarli nella migliore delle qualità e preparatevi a sganciarvi almeno un minimo dai legacci del reale.

Poi, se ne uscite, fateci sapere cosa ne pensate!

Potrete trovare, a QUESTO link, la lista sul nostro PROFILO LETTERBOXD. Seguiteci per interagire con i nostri consigli e contenuti. Visualizzando una lista, una percentuale vi mostrerà quanti titoli avete visto e quanti ve ne mancano. Questa stessa verrà forse ampliata in seguito, con nuove visioni surreali.

RESTATE SINTONIZZATI.

Alessandro Romita
Grafico e Illustratore, ma aspirante fumettista (per ora ha all'attivo il webcomic Piergiorgio e il Drago). Ha un amore feticistico nei confronti delle meccaniche che regolano i media, dal vivo quindi potrebbe discutere di tali argomenti a tempo indeterminato fino al rischiare denunce per sequestro di persona. Scrivendo almeno consente ai suoi interlocutori una maggiore libertà di approccio. Per lui, ogni scusa è buona per poter disegnare e discutere di ingranaggi comunicativi, in particolare quelli del videogioco, del fumetto, della musica, della pittura e, ovviamente, del cinema ed è convinto che di tali meccanismi si parli troppo poco. Quindi eccolo qui a sfogare le sue compulsioni, guidato da un idealismo innamorato e da un pericolosa foga entusiastica.

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